Rossetti (Assopetroli-Assoenergia): “La transizione energetica senza realismo rischia di distruggere l’industria europea”

Assopetroli chiede una transizione pragmatica: neutralità tecnologica, tutela delle PMI, fiscalità equa e stop a ideologie anti-industriali.

Rossetti (Assopetroli-Assoenergia): “La transizione energetica senza realismo rischia di distruggere l’industria europea”

Presidente Rossetti, qual è la missione di Assopetroli-Assoenergia a livello strategico in un mercato che evolve più rapidamente della regolazione?

"La nostra priorità è garantire che la trasformazione del settore della distribuzione energetica avvenga con realismo, sia nei tempi sia nei modi. È un comparto strategico per il Paese, che non può diventare uno stranded asset a causa di scelte normative irrealistiche e pericolose come, ad esempio, quelle contenute nel cosiddetto pacchetto europeo Fit for 55.

Come Associazione sentiamo la responsabilità di tutelare migliaia di PMI italiane che operano con serietà e che investono sul territorio con una visione a lungo termine. Lavoriamo affinché dispongano di un quadro regolatorio chiaro, stabile e coerente, in grado di sostenere la programmazione degli investimenti. Il nostro ruolo di raccordo tra imprese, istituzioni e territori è oggi più che mai decisivo. Cerchiamo di interpretarlo ispirandoci a una visione di sistema, non solo di rappresentanza delle istanze di parte.”

Transizione energetica italiana: realismo industriale o ideologia?

"Lo denunciamo dall’inizio: nel settore dei trasporti, gli obiettivi europei e nazionali si sono rivelati fin da subito irrealistici, penalizzanti e, in molti casi, irrazionali. Non a caso qualcuno ha parlato, a ragione, di una vera e propria distruzione organizzata della competitività europea. In altri termini, di un Green Crash.

Si è prodotta una saldatura nefasta tra ambientalismo ideologico e interessi particolari, che hanno prevalso sull’interesse collettivo, dando luogo a una sequenza di scelte autolesionistiche di cui oggi paghiamo pienamente il prezzo: perdita di competitività, rischio di deindustrializzazione, dipendenza tecnologica, stagnazione economica. Nel comparto della mobilità, l’imposizione per editto della mono-tecnologia elettrica ha esposto l’intera filiera a rischi industriali e occupazionali ormai evidenti a tutti, anche se forse troppo tardi per una parte rilevante dell’industria europea.

Sono stati anni di dogmatismo e di consenso forzato. Una fase in cui scelte di politica energetica altamente opinabili sono state presentate come verità oracolari, sostenute da modelli previsionali rivelatisi puntualmente errati e spesso politicamente orientati. Anni in cui il semplice richiamo al principio della neutralità tecnologica è stato sufficiente per essere etichettati come “negazionisti climatici”.

Negli ultimi mesi assistiamo finalmente a una revisione critica di quelle impostazioni. La realtà ha dimostrato che la decarbonizzazione è una sfida centrale del nostro tempo, ma non l’unica. E soprattutto che non la si vince escludendo tecnologie a priori, bensì valorizzando tutte le soluzioni efficaci e disponibili. È mancato realismo, è mancato pragmatismo. Il mondo è affamato di energia e le fonti rinnovabili, pur in forte crescita, non riescono a coprire neppure l’incremento annuale della domanda elettrica. È illusorio pensare che sole e vento possano, da soli, soddisfare anche il fabbisogno di calore e trasporti, che rappresenta oltre il 75% della domanda energetica complessiva.

La verità, scomoda ma ineludibile, è che le fonti fossili restano il perno del sistema energetico mondiale ed europeo. E che, nel settore dei trasporti, i biocarburanti liquidi e gassosi costituiscono oggi la soluzione di mitigazione più efficace: immediatamente disponibile, scalabile, industrialmente concreta. La vera tecnologia di transizione per il motore endotermico. 

Non esiste alcuna ragione plausibile per cui queste produzioni debbano restare confinate ai soli mercati hard to abate, (aviazione, marina, trasporto pesante) e non anche alle autovetture, come vorrebbe qualche lobby green.

Negli ultimi anni l’Italia è stata pressoché l’unico Paese a difendere un approccio pragmatico e fondato sulla neutralità tecnologica. Oggi non lo è più. Anche economie guida come la Germania stanno chiedendo una revisione del Green Deal, spinte dalla crisi delle grandi piattaforme industriali, dalle tensioni occupazionali e da una realtà che non può più essere ignorata. È un segnale politico chiaro: la linea seguita finora non è sostenibile.

La transizione energetica non può essere governata per slogan, né affidata a visioni ideologiche scollegate dai dati e dai processi industriali reali. Serve una correzione di rotta netta e tempestiva. Costi, infrastrutture, sicurezza degli approvvigionamenti, competitività e tenuta sociale devono tornare al centro delle scelte europee e nazionali. In assenza di questo cambio di paradigma, il rischio non è solo il fallimento della transizione, ma la perdita strutturale di sovranità industriale ed economica dell’Europa. E questo non è un prezzo che il sistema produttivo, né i cittadini europei, possono permettersi di pagare."

Qual è il futuro della stazione di servizio?

"La stazione di servizio si trasformerà in una vera e propria infrastruttura energetica multifunzionale: carburanti tradizionali, biocarburanti avanzati, elettrico e, dove avrà senso, anche idrogeno. Parallelamente crescerà l’offerta di servizi: logistica di prossimità, ricarica, mobilità, manutenzione leggera, attività commerciali.

Parliamo di un’evoluzione, non di una discontinuità: la forza del modello italiano è la sua capillarità. Tuttavia, dobbiamo prendere atto che una parte della rete non sarà in grado di compiere questa transizione. Alcuni impianti, spesso penalizzati da limiti strutturali o logistici, quando non anche insicuri o incompatibili, devono essere chiusi o riconvertiti. È un processo naturale e necessario, ma va accompagnato con politiche intelligenti."

Concorrenza imperfetta o fiscalità eccessiva?

"Il nostro è un mercato aperto e competitivo, ma il prezzo alla pompa è determinato in larga parte dalle imposte. Il vero problema non è la concorrenza, bensì una fiscalità tra le più onerose d’Europa, che si aggiunge al fisiologico andamento del mercato dei prodotti finiti, che spesso non viene compreso dal consumatore finale. 

Occorre ripensare la fiscalità in funzione della performance ambientale dei carburanti, al fine di valorizzare i prodotti a ridotto contenuto carbonico. Ad oggi, infatti, i low carbon fuels scontano la stessa tassazione degli omologhi prodotti di origine fossile. A questo si aggiunge il prossimo allineamento delle accise tra benzina e gasolio, previsto dal 1° gennaio 2026 che, considerati gli attuali costi industriali, porterà il gasolio a costare più della benzina. Tale scelta, oltre ad impattare sui prezzi al consumo, avrà una ricaduta negative anche sugli operatori intermedi della distribuzione.

È importante che questo venga riconosciuto come una decisione di politica fiscale e non come un’ulteriore occasione per alimentare polemiche su presunti “speculatori”."

E sulla normativa sulla trasparenza dei prezzi?

"I principi di trasparenza sono condivisibili e nessuno li contesta. Tuttavia, la normativa introdotta ha generato soprattutto nuovi oneri amministrativi, senza effetti concreti sui prezzi. Il nostro è già uno dei mercati più regolati e monitorati d’Europa: aggiungere burocrazia non significa migliorare la concorrenza.

Per rendere davvero efficiente il sistema occorre puntare sulla semplificazione, non sulla moltiplicazione degli adempimenti."

Quanto conta il DDL Carburanti?

"Il DDL Carburanti è un segnale importante per un settore che da anni attende una riforma organica. Mira a contrastare l’ingresso di operatori illegali, a tutelare la rete e a favorirne modernizzazione e razionalizzazione. Se calibrato correttamente, può garantire certezza giuridica e creare le condizioni per investimenti coerenti con la transizione energetica.

L’auspicio è che il Governo prosegua in un dialogo costruttivo con gli operatori, evitando errori già visti in passato: alcune buone leggi non hanno prodotto i risultati attesi soprattutto per carenza di copertura amministrativa, ovvero di capacità dell’apparato amministrativo di applicare la normazione, cioè avere gli strumenti organizzativi, tecnici e finanziari tali da rendere possibile l’applicazione dei provvedimenti. Questa volta serve un presidio serio che dia certezze."

Quali sono i rischi e le opportunità nello scenario geopolitico attuale

"La frammentazione geopolitica comporta volatilità, rischi logistici e incertezza negli approvvigionamenti. Ma può anche spingere verso una maggiore diversificazione delle fonti, lo sviluppo di biocarburanti e carburanti low-carbon europei e il rafforzamento delle filiere nazionali.

Per gli operatori italiani le opportunità ci sono, a patto che la politica energetica nazionale e europea puntino su sicurezza, pluralità delle soluzioni e dialogo costante tra istituzioni e industria."

Frodi nei carburanti: la minaccia più sottovalutata?

"Assopetroli-Assoenergia è stata la prima associazione, già nel 2015, a denunciare in modo strutturato il dilagare delle frodi nel comparto dei carburanti. Una denuncia che ha contribuito, nel quinquennio successivo, a una delle più rilevanti riforme fiscali e di controllo mai realizzate nel settore.

Quando oggi affermiamo che le frodi possono dirsi sostanzialmente sotto controllo, ci riferiamo alle due principali macro-fattispecie che hanno rappresentato per anni l’emergenza del comparto: le frodi IVA, di gran lunga le più rilevanti sotto il profilo dimensionale, e le frodi sulle accise, in particolare la destinazione indebita di prodotti agevolati o esenti verso usi maggiormente tassati. Su entrambi questi fronti, gli interventi normativi e i controlli hanno prodotto risultati concreti indiscutibili.

Sarebbe però un errore abbassare la guardia. Le frodi evolvono e oggi possono assumere forme nuove, magari legate agli obblighi introdotti nel quadro della transizione energetica. È il caso, ad esempio, del mancato adempimento degli obblighi di miscelazione di biocarburanti, che può generare distorsioni concorrenziali significative a danno delle imprese corrette.

La risposta, tuttavia, non deve più essere la stratificazione di nuovi adempimenti a carico di tutti gli operatori. La vera leva è valorizzare l’enorme patrimonio informativo disponibile, rendendo interoperabili le banche dati pubbliche per avere indici di rischio, alert tempestivi, controlli mirati ed efficaci.

Un ulteriore profilo di attenzione riguarda la regolarità contrattuale, retributiva e contributiva. Anche su questo versante si annidano forme di concorrenza asimmetrica o sleale. Il Disegno di Legge in discussione punta ad aggiornare le regole per renderle più moderne, certe e cogenti. Col giusto equilibrio, è una prospettiva che guardiamo con favore e abbiamo sostenuto: perché è anche su questi aspetti che si gioca l’affidabilità complessiva del nostro sistema distributivo."